Troppi sono i ricordi. Brevi scene nelle quali risalta un singolo fotogramma. In ognuno un substrato di sensazioni difficili da descrivere. Quel concentrato di emozione, che ha reso indelebile un evento, si è trasformato. Tutto sfuma in qualcosa che mi appartiene e nello stesso tempo è irraggiungibile.
......Zoppico sulla strada in salita che porta al Castello. Sono arrivato da solo e qualcuno, alla stazione, mi ha dato indicazioni sbagliate. Per colmo di sfortuna ho il mignolo della mano destra fratturato ed un piede pieno di aculei di riccio di mare.......e pensare che fino al giorno prima ero in una spiaggia in Calabria
.......Il Caporale Caile, che urla tutto il giorno come un ossesso, mi ha fregato!! Lo trovo assurdo ma sto scontando un giorno di consegna perchè sotto il cappello appoggiato al “cubo“ avevo lasciato una penna biro: non ha senso! Sono furioso per la sproporzione tra evento e conseguenza. Raggiungo il gruppo dei consegnati dove un cretino, con la pretesa autorità di chi è oramai un veterano della consegna, vuole farmi ramazzare foglie secche mentre lui da ordini. Quasi lo prendo a pugni. Sbollita la rabbia non mi pare più tanto cretino: è il commilitone con cui ho poi passato momenti bellissimi e che, ancora oggi, nonostante abiti lontano, vedo sempre con grandissimo piacere. Si chiama Amedeo Rosso.
........Ho sparato i miei otto colpi alle gare di tiro. Qualcuno (chi eri? non mi ricordo il tuo nome) mi chiede di sparare per lui. Quando lo chiamano vado io e nessuno dice niente. Nella scena successiva il Capitano Zuzzi, in aula magna, da a lui il premio per il miglior punteggio e tre giorni di licenza. Mentre lo fa mi da un’occhiata strana: ha saputo, ed io mi sento un fesso.
........de Marpillero non rientra dalla libera uscita, passa la notte fuori. Al mattino quando si ripresenta, passa direttamente dall’entrata della caserma alla cella di rigore. Il giorno dopo è di nuovo con noi: il Capitano ha ritenuto che le sue ragioni valessero clemenza: motivi sessuali.
........Sono appeso ad un cavo d’acciaio in palestra di roccia, simulo un salvataggio in parete, mi sto proprio divertendo. Sulle spalle, rannicchiato nel “sacco Graminger” un amico recita “avemarie” per paura che il cavo (un po’ logoro in realtà) si spezzi.
......Zoppico sulla strada in salita che porta al Castello. Sono arrivato da solo e qualcuno, alla stazione, mi ha dato indicazioni sbagliate. Per colmo di sfortuna ho il mignolo della mano destra fratturato ed un piede pieno di aculei di riccio di mare.......e pensare che fino al giorno prima ero in una spiaggia in Calabria
.......Il Caporale Caile, che urla tutto il giorno come un ossesso, mi ha fregato!! Lo trovo assurdo ma sto scontando un giorno di consegna perchè sotto il cappello appoggiato al “cubo“ avevo lasciato una penna biro: non ha senso! Sono furioso per la sproporzione tra evento e conseguenza. Raggiungo il gruppo dei consegnati dove un cretino, con la pretesa autorità di chi è oramai un veterano della consegna, vuole farmi ramazzare foglie secche mentre lui da ordini. Quasi lo prendo a pugni. Sbollita la rabbia non mi pare più tanto cretino: è il commilitone con cui ho poi passato momenti bellissimi e che, ancora oggi, nonostante abiti lontano, vedo sempre con grandissimo piacere. Si chiama Amedeo Rosso.
........Ho sparato i miei otto colpi alle gare di tiro. Qualcuno (chi eri? non mi ricordo il tuo nome) mi chiede di sparare per lui. Quando lo chiamano vado io e nessuno dice niente. Nella scena successiva il Capitano Zuzzi, in aula magna, da a lui il premio per il miglior punteggio e tre giorni di licenza. Mentre lo fa mi da un’occhiata strana: ha saputo, ed io mi sento un fesso.
........de Marpillero non rientra dalla libera uscita, passa la notte fuori. Al mattino quando si ripresenta, passa direttamente dall’entrata della caserma alla cella di rigore. Il giorno dopo è di nuovo con noi: il Capitano ha ritenuto che le sue ragioni valessero clemenza: motivi sessuali.
........Sono appeso ad un cavo d’acciaio in palestra di roccia, simulo un salvataggio in parete, mi sto proprio divertendo. Sulle spalle, rannicchiato nel “sacco Graminger” un amico recita “avemarie” per paura che il cavo (un po’ logoro in realtà) si spezzi.